Riprendiamo nel nostro blog un articolo tratto dal numero del 26 maggio 2017 di Farmacista 33 pòer la grande attualità dell’argomento
“Crescono i casi di infezione da Anisakis, causati dal parassita, un nematode, che si annida nelle parti edibili di pesci e molluschi”
A dare nuovamente l’allarme è stato un recente articolo del British Medical Journal Case Reports che riporta il caso di un uomo di 32 anni, ricoverato con dolori addominali e febbre, a cui è stata trovata una larva del parassita nella mucosa gastrica e che aveva riferito di aver mangiato pesce crudo.
L’infezione nota con il nome di anisakidosi è una delle più comuni zoonosi alimentari. La presenza di questi parassiti nelle carni dei pesci è ritenuta normale, ma è causa di patologia nell’uomo. La principale via di contagio, è infatti il consumo di pesce crudo e di frutti di mare contaminati. I casi più frequenti sono stati descritti in Giappone, dove, per l’abitudine di consumare pesce crudo, la malattia è molto diffusa.
Come riportano le autorità sanitarie europee, i casi di anisakidosi stanno rapidamente aumentando anche in Occidente; il fenomeno sembra connesso al favore e alla diffusione di cui gode la cucina giapponese con le sue pietanze tipiche a base di pesce crudo: tartare, sushi e sashimi; ma in generale il consumo di specie ittiche non cotte o adeguatamente trattate, qualunque sia la preparazione, espone al rischio.
Quali sono le precauzioni da prendere per evitare il contagio? Alcune specie sono particolarmente soggette all’infestazione: pesce sciabola, sgombro, nasello (se grande), palamita, aringa, tonno, sardina, spigola, pesce spada, seppie e calamaretti. Nelle carni infestate le larve sono ben visibili a occhio nudo: sottili, per lo più bianche, misurano da 1 a 2 cm. Mentre i trattamenti di affumicatura e marinatura non uccidono la larva, il calore (60°C per 3′) e il freddo riescono a neutralizzarla. In caso di pesce destinato a essere consumato crudo, quindi, sarà necessario che prima questo sia congelato ad una temperatura di -20°C per almeno 24 ore, facendo attenzione che tutta la massa raggiunga tale temperatura. Gli esercizi commerciali che vendono pesce da consumare crudo o i ristoranti sono obbligati quindi a sottoporlo a congelamento con un abbattitore di temperatura, apparecchio che consente di portare velocemente tutto il prodotto alla temperatura voluta e a fornire prova che questo trattamento sia avvenuto. Il consumo domestico deve rispettare le stesse indicazioni, anche nei casi di pesce che viene preparato marinato: per avere la sicurezza che eventuali larve presenti muoiano, il pesce va congelato a -18°C (scomparto del freezer con tre stelle) per almeno 96 ore.
Francesca De VecchiEsperta in scienze e tecnologie alimentari